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Felice Garelli, il Comizio Agrario di Mondovì e l’istruzione agraria popolare

Felice Garelli, il Comizio Agrario di Mondovì e l’istruzione agraria popolare

ATTILIO IANNIELLO

Felice Garelli

Il Comizio Agrario del Circondario di Mondovì.
Uno dei protagonisti più importanti della storia del Comizio Agrario di Mondovì fu il professor Felice Garelli. Quest’ultimo aderiva fin dall’inizio alla costituzione dell’Ente diventandone poi presidente dal 1872 al 1874, e restando in seguito, in qualità di presidente onorario, sempre al fianco del Comizio stesso nel cammino di miglioramento dell’agricoltura monregalese occupandosi principalmente dell’educazione agraria dei coltivatori del circondario.
Il Comizio Agrario di Mondovì [1] fu costituito nella mattinata del 25 maggio 1867 con una importante manifestazione presso il Teatro sociale di Piazza. Nel discorso di saluto ai convenuti il presidente provvisorio, professor Felice Garelli, disse tra l’altro:

 

«La Nazione Italiana non ha ancora portata a compimento la grande opera della sua redenzione. Essa deve oggi conquistare con le armi della pace e nell’ordine economico ciò che nell’ordine politico già ottenne con le armi della guerra. Le armi della guerra le han dato libertà, indipendenza ed unità: le armi della pace debbono darle ricchezza, prosperità, forza. […] Volgete lo sguardo alle nostre terre, da un capo all’altro della penisola, osservate i lavori che si compiono e gli istrumenti con cui si eseguiscono; esaminate i sistemi di coltivazione e gli avvicendamenti più comuni, il governo dei concimi, la cura degli animali domestici e poi ditemi, in buona fede, quanti tra i miglioramenti adottati dalle altre Nazioni hanno posto radice tra noi?
Volgete lo sguardo ai nostri 15 milioni di coltivatori; che abbiamo fatto per istruirli in quell’arte, nella quale consumano intera la vita? Chi porse loro eccitamenti e consigli a migliorare la coltivazione del suolo? Chi diede loro il buon esempio, che è il migliore degli insegnamenti? Chi promosse tra loro lo spirito d’associazione, questa leva potentissima del secolo nostro? Quali i sussidi, gli incoraggiamenti, e dove le banche di credito agrario, che altrove giovarono cotanto e ai grandi e ai piccoli proprietari? Noi vogliamo dissanguare i nostri coltivatori con un’imposta fondiaria che, secondo la legge testé votata dal Parlamento, ascende a L. 540 per chilometro quadrato, mentre i coltivatori francesi non pagano che in ragione di L. 370, e gli Inglesi meno dei Francesi. Or bene: qual vantaggio s’è dato finora ai coltivatori in compenso di così enormi sacrifizi? È forse un bastevole compenso la libertà civile e politica ad essi donata, mentre pagano la parte maggiore delle spese e godono la parte minore dei benefizii della libertà?
Tale, o Signori, è la condizione dell’agricoltura presso noi, resa anche più grave dalla persistente malattia dei bachi e della vite»
.[2]

 

Il primo Consiglio direttivo del Comizio Agrario fu formato dal marchese Emilio Bertone di Sambuy, presidente, dal professor Felice Garelli, vice presidente, professor Michele Peirone, cavalier Giovenale Vignola, avvocato Lorenzo Rebaudengo, Giovanni Battista Romano, Consiglieri; cavalier Cesare Icheri di San Gregorio, segretario.

 

Il Comizio Agrario ed i maestri.
Il 25 agosto 1867 nel corso dell’Adunanza generale dei Soci del Comizio il professor Felice Garelli dopo aver parlato delle difficoltà dell’agricoltura del Circondario e proposto alcune migliorie osservava che «il primo ostacolo all’attuazione di tali migliorie è la ignoranza in cui sono i coltivatori delle prime nozioni dell’arte rurale». Si doveva quindi«dissipare quest’ignoranza», e questo compito «sarebbe sommamente dicevole ai maestri, i quali già si adoperano all’istruzione delle classi rurali e perciò ad essi, e per mezzo loro alle nostre popolazioni, tornerebbe utilissimo un corso di lezioni popolari d’agricoltura»[3].
All’unanimità tutti i delegati del Circondario approvarono quanto proposto da Felice Garelli; il sindaco di Lequio Tanaro, Andrea Cenci, fece presente però che a causa del «troppo tenue stipendio», i maestri non potevano sopportare le spese per frequentare un tale corso, occorreva quindi che il Comizio invitasse le diverse Municipalità ad esso associate ad intervenire con appropriati sussidi economici per incentivare gli insegnanti.
La risposta positiva di molti Comuni del territorio monregalese alle sollecitazioni del Comizio non si fece attendere a lungo, tanto che già il 1° ottobre di quello stesso anno si poté dare il via al primo Corso d’Agricoltura per i maestri.
Questo primo corso di istruzione agraria per i maestri venne tenuto, a titolo gratuito, dal professor Felice Garelli [4] il quale iniziò le sue lezioni con le seguenti parole:

 

«La Patria nostra, per posizione, per tepore di cielo e fecondità di terreno, e per varia attitudine de’ suoi abitanti è naturalmente adatta a qualsivoglia industria od arte. Onde navigatrice essa fu nelle prime età; coltivatrice della terra ai tempi gloriosi di Roma, regina dei mari nel Medio Evo e maestra allora d’ogni industria e scienza; nuovamente coltivatrice dappoi e prima ad ogni altra Nazione in quest’arte fino al cadere del secolo scorso. Ma da quel tempo si mutarono le vicende. Altre Nazioni, che già godevano dei benefizi della libertà civile ed economica, tolsero all’Italia il primato agrario, come già prima le avevano tolto quello delle arti e dei commerci. Ed ora che le membra sue da secoli divise, vivificate dall’alito della libertà si ricongiunsero per costruire il grande corpo della Nazione, l’Italia in ogni maniera si adopera per far rivivere le tradizioni del passato. Già molto essa fece, anzi moltissimo, se si pensa alle agitazioni guerresche ed ai politici rivolgimenti degli anni trascorsi tutt’altro che propizi alle pacifiche imprese dell’agricoltura. Strade, ferrovie, trattati commerciali, riforma doganale, banche, esposizioni, scuole, tutto fu posto in opera per ridestare l’attività nazionale. Se non che questo meraviglioso lavorio di trasformazione ebbe finora a precipuo scopo il miglioramento delle condizioni del commercio e dell’industria e poco giovò alle sorti dell’agricoltura… La Patria infine a sé volle i più robusti coltivatori per combattere con essi le battaglie supreme dell’indipendenza e della libertà… L’agricoltura italiana, anziché rianimarsi e sorgere a miglior condizione… abbandonata dai capitali e spopolata di braccia, cadde nell’atonia»[5].

 

Il professor Felice Garelli, poi, dopo aver passato in rassegna i limiti dell’agricoltura nazionale e i successi di quella delle altre nazioni europee molto più avanzate nell’utilizzo dei moderni sistemi di coltivazione ed allevamento resi possibili dalla scienza e dalla tecnica, terminò il suo discorso sottolineando l’importanza dell’istruzione agraria:

 

«Ed eccovi, o Signori, il punto cui deve mirare ancor essa l’agricoltura italiana: emanciparsi dagli errori e dai pregiudizi che l’accecano, liberarsi dall’empirismo che la rende stazionaria, ed accogliere con fiducia i suggerimenti della scienza; quei suggerimenti, che altrove applicati fecero duplicare e triplicare la produzione rurale. Istruzione! Ecco la magica parola che migliora e nobilita l’arte e colui che la coltiva, ecco la pietra angolare del risorgimento economico e politico della Patria nostra».[6]

 

Il primo corso di istruzione agraria iniziato il 1° ottobre 1867 vide l’iscrizione di 59 maestri e, per sottolineare l’importanza dell’evento, la Direzione del Comizio riuscì ad ottenere che il Ministro dell’Agricoltura accordasse una medaglia d’oro «a premio d’onore al più distinto fra gli alunni-maestri»[7]; inoltre il Municipio di Mondovì nella seduta del 28 ottobre 1867 decise di assegnare «la somma di lire 200 da erogarsi in quattro premi ad altrettanti maestri del Circondario»[8].
Le lezioni durarono una ventina di giorni ed i maestri, ritornati tra i banchi di scuola come allievi, dovettero affrontare «principalmente la fisiologia e la climatologia agraria; lo studio delle terre, degli ammendamenti, dei concimi e delle rotazioni agrarie»[9].
Al termine del corso, dal 28 al 30 ottobre ’67, nei locali del Comizio Agrario a Mondovì Piazza, davanti ad una Commissione creata per l’occasione, si tennero gli esami scritti e orali ai quali parteciparono solamente 29 frequentanti. Il tema dell’esame scritto aveva come titolo: “Si scriva una lezione popolare in cui si dichiarino i principali miglioramenti da introdursi nell’agricoltura del nostro Circondario per accrescere la produzione delle terre”[10] mentre le verifiche orali vertevano su tutta la materia studiata.
I risultati degli esami vennero pubblicizzati con un certo orgoglio.
La Commissione giudicatrice il 15 novembre 1867 decise che fosse «accordato il premio della Medaglia d’Oro al signor Turco Giacomo, professore di Matematica elementare, Maestro superiore nelle scuole civiche di Mondovì; […] il 2° premio al signor Conti Giovanni, Maestro superiore nelle scuole civiche di Bene Vagienna; il 3° premio al signor Berra Carlo Giacomo di Mondovì, Maestro normale aspirante all’insegnamento; il 4° premio al signor Calleri Celestino, Maestro nel Comune di Carrù; il 5° premio al signor Manasseri don Lodovico, Maestro nel Comune di Pianfei».
La Commissione propose anche che venisse accordata una menzione onorevole ai signori «Baravalle Michele, Maestro del Comune di Pamparato; Mamini sac. Augusto, Maestro del Comune di Lequio Tanaro; Tomatis sac. Luigi, Maestro nel Comune di Crava, sezione Corvi; Borio sac. Giuseppe, Maestro superiore nel Collegio Vescovile di Mondovì; Tomatis Antonio, Maestro nel Comune di Magliano Alpi; Libois sac. Vincenzo, Maestro nel Comune di Crava»[11].
Questo primo corso di agraria per i maestri dava immediatamente buoni frutti. Domenica 17 novembre 1867 il maestro Giacomo Turco nella frazione Merlo di Mondovì iniziò una serie di lezioni domenicali «avendo moltissimi uditori, tra i quali non pochi vecchi»[12]. Sempre nel novembre di quell’anno il maestro don Luigi Tomatis iniziava dei corsi serali a Crava; l’8 dicembre il maestro Giuseppe Gerbino-Promis divulgava nozioni d’agricoltura a Mondovì Carassone; il 9 dicembre era la volta di Lequio Tanaro ad avere dei corsi serali tenuti dal maestro don Augusto Mamini; il 4 gennaio 1868 don Giovanni Battista Figone imitava i colleghi nella frazione San Giovanni Govone di Mondovì ed il maestro Giacomo Berra, il 2 febbraio, apriva una scuola domenicale [13].
Fin dai primi anni di istituzione dell’insegnamento agrario popolare i maestri si resero conto della mancanza di un testo semplice che potesse servire da promemoria per i coltivatori.

Ad impegnarsi a colmare la suddetta lacuna fu il professor Felice Garelli
Quest’ultimo infatti diede alle stampe nel 1870 “Il Buon Coltivatore. Libro per le scuole rurali”, testo in cui il docente monregalese nella prima parte fece precedere alle istruzioni agrarie vere e proprie dei consigli morali come dimostrava l’incipit stesso: «Dice la terra al coltivatore: “Migliora prima te stesso e poi vieni a me”»[14].
Il lavoro del professor Garelli fu accolto con interesse non solo nel Monregalese ma anche fuori dai confini provinciali e regionali tanto che nel settembre 1871 ricevette la medaglia d’argento da parte del Congresso Pedagogico Italiano che si tenne a Napoli. I congressisti riconobbero l’importanza del testo:

«Sceverare l’agronomia dalle più astruse teoriche e dai lunghi ragionamenti, esporre in forme proverbiali ed aforistiche le conclusioni pratiche della scienza, valersi di acconcio metodo e di linguaggio semplice, chiaro e dilettevole, tendere ad informare l’animo dell’artefice con ottimi ammaestramenti di morale e di economia prima di volgerne l’intelletto alla cognizione di quello che si appartiene al buon coltivatore: questo è il programma del libro, a cui si attiene fedelmente l’autore e che adempie egregiamente. Con lievi modificazioni in qualche parte del libro del Garelli può adattarsi all’insegnamento delle scuole rurali in ogni Provincia d’Italia, quantunque sia scritto principalmente per quelle del Piemonte». [15]

L’attenzione all’istruzione popolare dei coltivatori diventava una caratteristica dei Comizi Agrari, i quali vennero affiancati in questa lodevole opera verso la fine del XIX secolo dai cattedratici ambulanti, agronomi che percorrevano in lungo e in largo il territorio a loro affidato, spesso con mezzi di trasporto di fortuna, per tenere conferenze e lezioni anche nelle borgate rurali più isolate.
Ma torniamo ai primi anni del lavoro dell’Ente agrario monregalese. L’impegno per diffondere le nozioni di agraria presso i coltivatori non distolse il Comizio Agrario dal pensare anche ai fanciulli per cui istituì asili agrari, come vedremo in seguito, e promosse, d’intesa con gli altri Comizi della provincia di Cuneo, l’istruzione elementare. Già all’inizio degli anni Settanta del XIX secolo, in una riunione a cui parteciparono, oltre al Comizio di Mondovì, anche quelli di Alba, Cuneo, Savigliano e Saluzzo, si decise di sollecitare il Ministero dell’Agricoltura affinché nelle Scuole elementari dei paesi rurali si introducessero obbligatoriamente, a fianco delle altre Materie, elementi di agraria. A questa sollecitazione il Ministero rispose [16] nell’autunno del 1874 dicendosi personalmente favorevole alla proposta ma precisando anche che nessuna disposizione legislativa prevedeva una tale materia di studio, e non vi era per il momento alcuna intenzione da parte del Ministero dell’istruzione di porre mano ai programmi scolastici.

Questi ultimi, come si lamentavano, molti delegati del Comizio Agrario di Mondovì non tenevano conto della diversità culturale ed ambientale dei bambini che abitavano in città e di quelli che invece abitavano in zone a forte vocazione agricola.
Ancora una volta il Comizio Agrario trovò in molti maestri la disponibilità di affiancare ed integrare le materie curricolari con nozioni di agricoltura.
Mancavano però dei libri adatti agli scolari; Felice Garelli ovviò a tale mancanza con due volumetti dati alle stampe nel 1880: “Il giovinetto campagnuolo” e “La giovinetta campagnuola educata ed istruita”.

Gli asili rurali.
Scriveva Felice Garelli su “Il Vasco” del 12 agosto 1873:

 «Raccogliere i bambini in luogo chiuso alla maligna influenza del vizio e sempre aperto alle benefiche ispirazioni della virtù, governare sapientemente l’esplicazione dell’uomo futuro in quell’età che crea i primi giudizi e apre l’animo ai primi affetti; deporre in vergini cuori la buona semente che poi fruttifichi negli anni maturi; e soprattutto stendere soccorrevole la mano a quei bambini che mancano dei più necessari sussidi per diventare onesti e virtuosi cittadini: tale è lo scopo degli asili d’infanzia. L’età nostra a buon diritto si gloria della creazione degli asili. Essi sono la più bella, la più santa e la più utile creazione della carità che arde, inestinguibile, nel cuore umano. Sorti in Cremona nel 1830 per opera del venerando abate Ferrante Aporti si diffusero rapidamente nella Lombardia e in Piemonte dapprima, e poscia nell’Emilia e nell’Italia Centrale, e da ultimo nelle Province meridionali portativi dalla libertà».

Il primo censimento degli asili d’infanzia del Regno rivelava che nel 1869 in Italia vi erano 853 di questi enti. Il Piemonte era la regione che ne aveva il maggior numero (238), seguita dalla Lombardia (214), e la Campania (68). In provincia di Cuneo erano attivi in quell’anno 42 asili. Le cittadine che ne avevano più di uno erano solo tre: Mondovì, che poteva vantare il primo asilo della provincia costituito nel 1840, Bra e il capoluogo di provincia, Cuneo, la cui municipalità elargiva un piccolo finanziamento annuo, 50 Lire, all’asilo israelitico frequentato, nel 1869, da 30 bambini, 12 maschi e 18 femmine, e diretto da due maestre [17].
Il Comizio Agrario di Mondovì partecipò con buoni risultati alla diffusione degli asili d’infanzia nei comuni rurali fin dall’autunno del 1867 quando il suo socio l’avvocato Anselmo Bellone inaugurò in Mondovì Merlo un asilo da alcuni anni preparato dalla maestra locale Serafina Musso[18]:

 «La recente deliberazione del benemerito Consiglio Provinciale, che destinava premi a sì filantropiche istituzioni, animò i proprietari del luogo a dargli stabile assetto. Il giorno 6 di ottobre ebbe luogo la inaugurazione preliminare dell’asilo… Intervennero alla modesta ma simpatica funzione oltre i principali promotori varii distinti personaggi, fra i quali il Sindaco della Città, cav. avv. Iemina, il Delegato scolastico mandamentale comm. dottor Garelli, il Consigliere Provinciale avv. Bellone, che ammirarono da trenta a quaranta bimbi sufficientemente istruiti. […] Abbiasi quindi le nostre felicitazioni chi per squisitezza di sentire porge il suo concorso per l’impianto e l’incremento di queste educative istituzioni, le quali son chiamate ad eliminare dalle nostre statistiche una vergogna nazionale qual è la ingente cifra di 17 milioni di analfabeti, di cui 13 nelle campagne».[19]

Nei decenni successivi venivano aperti diversi asili rurali ma rimanevano privi di queste istituzioni educative ancora molti comuni e borgate del Circondario.

«Di fronte all’utilità incontestabile degli asili rurali stanno le molte e varie difficoltà di istituirli: perché i Comuni che ne mancano, sono, fatte poche eccezioni, quelli di popolazione piccola, disgregata in frazioni più o meno lontane fra loro, e meno agiata. Oltre a ciò non vi esistono locali adatti, e le condizioni finanziarie dei Comuni sono, o si credono, come quelle dei privati, inadeguate alle spese richieste per un asilo. […] Le disposizioni d’animo sono favorevoli, il desiderio d’un asilo è vivo in tutti: ma dove attingere i mezzi per tradurlo in atto?»[20]

A questa domanda trovava una risposta la Società di Bossea, la quale nel giugno del 1882 «prendeva l’iniziativa per la costituzione di un’Associazione promotrice degli asili rurali di questo Circondario»[21].

La Società di Bossea infatti, l’8 giugno 1882, nel corso della sua adunanza generale approvò lo Statuto dell’Associazione promotrice degli asili rurali per l’infanzia nel Circondario di Mondovì, avente come scopo «di aiutare col consiglio e col concorso pecuniario i Comuni rurali e le frazioni di essi nella creazione di Asili, nell’erezione di questi in Enti morali, nell’ottenimento dei sussidi governativi, provinciali ecc.» (Art. 1 dello Statuto).
L’Associazione ottenne l’alto patronato della Regina Margherita e poté contare sull’appoggio politico di tre deputati del Circondario: Giuseppe Basteris, Pietro Delvecchio e Felice Garelli. Quest’ultimo, presidente della Società di Bossea e già illustre protagonista della vita del Comizio Agrario monregalese, venne eletto presidente dell’Associazione per acclamazione nel corso dell’ufficiale costituzione della stessa avvenuta il 28 marzo 1883 nella sala del Comizio Agrario (Palazzo Civico a Mondovì Piazza). In quell’occasione furono nominati presidenti onorari il sotto prefetto di Mondovì Domenico Monterumici ed il vescovo Placido Pozzi e venne eletto il Comitato direttivo che vide eletti, oltre il presidente Felice Garelli, il cav. Bartolomeo Jemina, il prof. Emilio Lanza, l’avv. Vittorio Giaccone, il cav. Giovanni Duretti (eletti dalla Società di Bossea), il canonico Emilio di Montezemolo, don Michele Baruffi, l’avv. Giuseppe Rovere, il cav. Angelo Albengo, l’avv. Edoardo Ingegnatti (eletti dagli azionisti) e il cav. Benedetto Cagno, delegato del Comizio Agrario.[22] Il Comitato direttivo poteva contare fin dall’inizio su importanti risorse economiche derivanti sia da lasciti testamentari, sia da donazioni del re d’Italia e dei Ministeri dell’Istruzione, degli Interni e dell’Agricoltura, sia di privati cittadini tra cui numerosi parroci e il rabbino professor Isaia Levi.[23] Tra i primi Enti morali che aderirono all’Associazione vi furono la Cassa di Risparmio di Mondovì, l’Ospedale Maggiore, la Congregazione di carità monregalese e la Società di Mutuo Soccorso di Mondovì Piazza, oltre ovviamente il Comizio Agrario al quale l’Associazione stessa era legata da vincoli fraterni dovuti anche al fatto che molti suoi membri erano anche membri dell’ente agrario.
L’attività dell’Associazione iniziava in un anno, il 1883, in cui vi fu in tutta Italia una particolare attenzione all’istituzione di asili rurali. Questo interesse si concentrò alla fine dell’estate di quell’anno quando a Milano dal 10 al 17 settembre si tenne il I Congresso Nazionale degli Asili infantili rurali. L’Associazione monregalese partecipò nelle persone del presidente, Felice Garelli, e del deputato Pietro Delvecchio. Nel corso dell’importante assise furono affrontate questioni di carattere politico (Tesi prima: dei rapporti degli asili col Governo), economico (Tesi seconda: quali possono essere le risorse economiche alle quali far capo per l’istituzione e la manutenzione degli asili), organizzativo (Tesi terza: l’ordinamento del Corpo direttivo degli asili; Tesi quinta: del numero e della disposizione dei locali necessari ad un asilo rurale) e pedagogico (Tesi quarta: quale indirizzo meglio risponda agli scopi morali, educativi e sociali degli asili rurali).[24] L’Associazione monregalese per la promozione degli asili rurali fece tesoro di alcune delle tesi che emersero da questo primo Congresso degli asili rurali e indirizzò il suo intervento non solamente nel promuovere nuovi asili nei comuni rurali, ma anche nel ricercare il miglior metodo educativo per i bambini, nel preparare personale insegnante qualificato e nel promuovere una proposta di legge a favore degli asili.
Il 21 ottobre 1883 nel corso della seconda adunanza generale dei Soci, l’Associazione pensò di promuovere una grande lotteria per accrescere i fondi da stanziare per i costituendi asili nel corso della Fiera del Santuario di Vicoforte del settembre 1884.[25] La lotteria dell’84 fu la prima di una serie che creò un concorso popolare solidale intorno alla istituzione di questi enti a favore dei fanciulli.
Intanto i monregalesi Felice Garelli (primo firmatario) Giuseppe Basteris, Pietro Delvecchio, unitamente ad altri parlamentari, presentavano il 16 maggio 1884 un disegno di legge “Provvedimenti per gli asili d’infanzia” in cui si chiedeva che anche questi enti fossero finalmente disciplinati sia dal punto di vista economico che giuridico.[26] L’attenzione verso l’Associazione monregalese dei diversi Ministeri coinvolti (Interno, Istruzione e Agricoltura) nell’ordinamento degli asili rurali e l’attivismo del Comizio Agrario prima e dell’Associazione poi nella diffusione degli stessi, interessò i Reali i quali, all’inizio del 1884 concessero un’udienza a Felice Garelli, Giuseppe Basteris e Pietro Delvecchio:

 «Gli augusti Sovrani gradirono particolareggiati ragguagli sui progressi dell’istituzione [l’Associazione]; si informarono con vivo interesse degli asili già promossi; rilevarono la grande utilità di essi nei Comuni rurali; augurarono che l’Associazione possa raggiungere pienamente il suo scopo di diffondere gli asili in tutti i Comuni del Circondario. I Sovrani ebbero parole assai lusinghiere pel nostro paese. S.M. il Re ricordò il tempo passato al Castello di Casotto e le molte escursioni fatte sulle vicine montagne».[27]

I Sovrani donarono poi ai rappresentanti dell’Associazione una pendola e due coppe in porfido e bronzo quali premi per la grande lotteria programmata per il settembre di quell’anno.[28].
L’Associazione monregalese promotrice degli asili rurali non si interessò esclusivamente di questioni legislative o della diffusione quantitativa degli stessi nel Circondario, ma volle altresì interessarsi della qualità della pedagogia attuata dal personale scolastico.
In una lettera al vice presidente dell’Associazione, Benedetto Cagno, datata Roma, 30 dicembre 1883, Felice Garelli esponeva le sue opinioni pedagogiche:

 «[…] Lo stampo aportiano[29] era buono; perché in esso l’Asilo rappresentava il tipo d’una famiglia, e secondava, con armonico accordo, lo sviluppo fisico, intellettuale e morale dell’infanzia. Sgraziatamente da molti si volle ritoccare lo stampo: e invece di perfezionarlo, come certamente si proponevano, l’hanno in realtà peggiorato. Gli asili continuano ad offrirci un degno esempio da imitare nell’indirizzo morale e disciplinare, e nell’amore materno con cui si veglia al benessere dei bambini; ma il nesso armonico nell’educazione del corpo, dell’intelletto e dell’anima non vi si trova più. Volendo impegnar troppe cose e troppo di buonora, si giunge a risultati opposti a quelli vagheggiati: anziché rinvigorire l’intelligenza, la si stanca e la si ottunde. Avviene anche peggio negli asili che coltivano quasi esclusivamente la memoria. Quivi l’insegnamento arido, materiale, uggioso, si rivolge in un questionario incompreso e indigesto che i bambini imparano meccanicamente… A rilevare l’attuale difettoso indirizzo degli Asili non occorre essere pedagogisti. Lo stesso Aporti lo aveva già scorto e condannato allorché visitando i bambini degli asili, ripeteva spesso alle maestre: “Lasciate che giuochino, lasciate che si muovano, lasciate che qui almeno si sentano felici”.
Questi vizi di metodo appaiono anche più gravi se si confronta l’ordinamento dei nostri asili con l’organismo dei giardini d’infanzia istituiti da Fröbel[30] in Germania… In questi non si insegna, si chiacchiera, e tuttavia si svolge l’intelletto; non si studia, e tuttavia si acquistano assai cognizioni e s’impara a studiare; non si affatica la memoria, non si genera noia o stanchezza, e tuttavia si svolgono in maniera armonica e simultanea tutte le forze fisiche, intellettuali e morali. Il gioco: questo bisogno dell’infanzia, questa prima manifestazione dell’attività umana è il segreto di Fröbel, lo strumento educativo e, direi, la caratteristica del suo metodo. Co’ suoi doni di sfere variamente colorate e grosse, di cubi e cilindri interi e spezzati, di anelli, di bastoncini, di fettucce di carta colorata, che dan luogo a combinazioni infinite di forme, figure e disegni, Fröbel diverte il bambino, ne sveglia lo spirito di osservazione, lo eccita alla riflessione, ne sviluppa le facoltà inventive, ne coltiva le attitudini varie, e lo abitua al lavoro ordinato. Fröbel alterna i giuochi con gli esercizi ginnastici e le cure delle aiuole del giardino coltivate ad erbe e fiori dagli stessi bambini. Infine egli si giova di tutto, dei giuochi, del pasto, del lavoro e dei fiori per suscitare nei bambini l’idea di Dio, per imprimere nella loro anima il sentimento religioso, per compierne la educazione morale».
[31]

Ovviamente lo stesso Felice Garelli suggeriva di trovare una sintesi tra i migliori aspetti del metodo del Ferrante Aporti e quelli del Fröbel.
In questa ottica il Bollettino dell’Associazione del 31 marzo 1885 presentava, affinché fosse acquistato, un insolito materiale didattico dell’editore Vallardi di Milano:

 «una raccoltina di modelli di arnesi rurali in legno e metallo, come sono in realtà. È una scatola con litografie rappresentanti scene rurali ed i diversi campagnuoli, con vedute, prospettive ecc. Nella scatola vi sono tutti gli arnesi indispensabili per la coltivazione, imitati dal vero, con la loro nomenclatura».

Oltre a fornire indicazioni per il materiale didattico utile all’«insegnamento oggettivo», l’Associazione a partire dal 16 settembre 1885[32] promosse una serie di conferenze pedagogiche molto frequentate: «Vi intervennero 52 maestre di asili della Provincia, accolte ospitalmente nel Convitto Normale e nell’educandato delle suore domenicane»[33].
Le esercitazioni pratiche furono condotte dalla maestra Elvira Roberi, proveniente da Pinerolo, ed esperta del metodo fröbeliano, tanto che toccò a lei allestire una serata di recite e canti dei bambini del Giardino d’infanzia monregalese presso il teatro di Mondovì Piazza il 12 ottobre 1890[34] per festeggiare il 50° anniversario di fondazione a Blankenburg (Germania) del primo Kindergarten di Fröbel.
Il Giardino d’infanzia monregalese fu costituito nel novembre del 1886[35] a Piazza presso la Scuola Normale:

 

«Questo Giardino… procede nel modo più soddisfacente e acquista ogni di più le simpatie delle famiglie e il pubblico favore. Le allieve della Scuola Normale assistono per turno alle lezioni e vi compiono un utile tirocinio. Il Giardino dovette chiudersi temporaneamente pei danni cagionati dal terremoto[36] al suo locale. Ma questi sono oramai riparati e l’asilo si riapre dopo le vacanze pasquali [aprile 1887]».[37]

Il 29 novembre 1890 poi un’altra importante realizzazione venne ad aggiungersi a quelle promosse dall’Associazione: la Scuola di Magistero, istituita presso la Scuola Normale. Il Ministro Boselli in un telegramma scrisse a Felice Garelli:

 «La forte e gentile Mondovì era ben degna di veder sorgere accanto ai suoi fiorenti Istituti una Scuola di magistero infantile. L’istituzione troverà terreno acconcio da lunga mano preparato dalla benemerita Società degli asili. Mercé il comune intento potremo conseguire il rinnovamento degli asili infantili». [38]

Così nel 1892 il Consiglio direttivo dell’Associazione guardando ai risultati del primo decennio di attività poteva valutarli positivamente: il numero degli asili era passato dai 31 del 1882 ai 50 (più cinque in via d’apertura) del 1892; così i bambini iscritti che erano 3.535 nell’82, diventarono 4.462 dopo dieci anni. Questi dati ponevano il Monregalese ai primi posti nel Regno d’Italia per l’efficiente attenzione all’educazione dei fanciulli.
Felice Garelli ebbe quindi un ruolo fondamentale per la diffusione dell’alfabetizzazione e della cultura nel mondo rurale del Monregalese.
“La Gazzetta di Mondovì” del 19-20 gennaio 1903 dava la notizia della morte di Felice Garelli avvenuta 17 gennaio c.m. a Sanremo.
Umberto di Montezemolo, presidente del Comizio Agrario, così ricordava l’amico Felice Garelli sulle pagine de “L’Agricoltore Monregalese” del 31 gennaio 1903:

 «La più preziosa esistenza, che annoverasse tra i suoi soci il Comizio Agrario, si spense il sabato 17 gennaio a San Remo. Questa la funebre novella, che sulle ali del telegrafo giunse la mattina stessa nella città nostra: il senatore Garelli era spirato nelle braccia dei suoi cari, che di tante ed assidue cure lo circondavano. Felice Garelli, ultimo di una numerosa famiglia, che fu allevata e spinta a farsi largo con l’intelligenza e col lavoro delle cure amorose del fratello primogenito, degno sacerdote, era nato a Mondovì nel 1831, e percorse la carriera dell’insegnamento, dedicandosi allo studio della fisica e dell’agraria. Preside del nostro Liceo e successivamente dell’Istituto Tecnico, allora municipale, nel 1867 insieme al sottoprefetto Salaris e al marchese di Sambuy, basandosi sul decreto 23 dicembre 1866, promosse la risurrezione dell’antico Comizio Agrario, già sorto e vissuto per pochi anni all’ombra dell’Associazione Agraria. Presiedette la memorabile adunanza del 25 maggio 1867, costitutiva del Comizio e fu acclamato Vice-presidente di esso. Il 17 agosto di quell’anno proponeva un corso di lezioni popolari d’agricoltura pei maestri elementari del Circondario ed offriva per esso l’opera sua. Il Ministero d’agricoltura, lodando l’iniziativa, assegnava una medaglia d’onore del migliore allievo. La scuola fu frequentata da numerosi maestri (fra cui primo il nostro attuale Vice-presidente) e meritò il plauso unanime degli Enti amministrativi, dei proprietari e degli agricoltori. Nel 1868 promuoveva una riuscita esposizione enologica e faceva rinnovare la scuola magistrale con l’aiuto di altri abili conferenzieri; una sua memoria sulla vinificazione veniva in quella occasione premiata. Un congresso enologico aveva parimenti luogo con intervento di rappresentanti dei Comizi Agrari di Napoli, Milano, Bergamo, Porto Maurizio. Così il nostro sodalizio per opera precipua del professore Garelli si affermava vigorosamente fin dagli inizi, ed i suoi soci salivano ben presto ad oltre 300.
Le scuole serali di agraria, sussidiate poi sempre dal Comizio, la fondazione di asili infantili rurali, di cui la società promotrice sorse poi in seno al Comizio stesso, e fu presieduta usque ad mortem dal suo fondatore, l’esposizione del 1878, che così vivo ed utile ricordo lasciò in Mondovì e nella Provincia, la biblioteca agraria circolante, le conferenze, le riunioni, tutte, o quasi, le migliori iniziative ed opere del Comizio furono dovute a Felice Garelli o da lui fortemente propugnate.
Ogni pagina del bollettino, specialmente nei primi anni, si può dire che parli di lui, e tutta la vita, tutta l’azione del Comizio fu da lui informata.
Il buon coltivatore, che va tutt’ora per le mani dei giovinetti di tutta l’Italia rurale, e che il Garelli compose quando era Vice-presidente del nostro Comizio, attesta il suo cuore e le sue rare doti di scrittore popolare. Appena mancato alla patria ed all’agricoltura il marchese Emilio Sambuy, Felice Garelli veniva all’unanimità eletto presidente del nostro Comizio nell’adunanza del 3 ottobre 1872 e la sua prima circolare era rivolta ai sindaci per ottenere l’apertura di scuole popolari di agraria. A dimostrare quale sia stata l’entità dell’opera sua più che le lunghe parole verrà un fatto solo, ma eloquentissimo: l’aver indotto il suo congiunto ed amico, teologo Sebastiano Bongioanni, a misurare il bene immenso, che il Comizio avrebbe potuto arrecare alle nostre popolazioni agricole, se pari alle ottime intenzioni ed alla efficacia del lavoro, intellettuale e morale, fossero state le sue risorse finanziarie. Da qui, da lui, dai suoi propositi, dal valore di Felice Garelli e dai suoi fedeli collaboratori ripete il Comizio l’impulso all’atto munifico della donazione del teologo Bongioanni.
La fondazione della Cassa di Risparmio, che raggiunse ben presto una invidiata floridezza, pur troppo non saputa più tardi mantenere, l’aumento notevole delle stazioni taurine, il propagarsi degli asili di infanzia, la raccolta di importanti dati statistici, furono opere precipue della presidenza Garelli, la quale terminava troppo presto con le dimissioni da lui date, nell’aprile 1874, per malferma salute.
E qui avrebbe termine quanto strettamente riflette il Comizio Agrario nelle benemerenze di Felice Garelli, se, proclamato subito presidente onorario, egli non avesse continuato ad occuparsi con benevolenza di questa istituzione, all’incremento della quale egli sentiva, e scriveva, di aver prestato l’opera sua per quanto gli erano bastate le forze.
Continuò sempre ad ispirare i suoi successori ed i suoi collaboratori di un tempo, e nel 1878 presiedette con fruttuosa energia il comitato direttivo dell’esposizione. La monografia su “La produzione e le classi lavoratrici nel circondario di Mondovì” mi piace specialmente ricordare, sia perché essa si dovette ad una generosa iniziativa dell’italiano di adozione, principe Paolo Demidoff, che volle stabilire un premio da conferirsi dalla nostra “Società di Bossea” ad una memoria sopra un tema, attinente al progresso morale ed economico del circondario. Facevano parte della commissione giudicatrice Quintino Sella e Paolo Boselli, che ne fu il relatore.
Tralascerò qui interamente di parlare dell’opera legislativa di Felice Garelli nei due rami del Parlamento. Ricorderò solo come egli degnamente abbia presieduto il Consiglio Superiore d’Agricoltura e con quanto slancio abbia fatto parte della commissione per la bonifica dell’agro romano. Con alacrità giovanile compose nel 1898 un tratterello di nozioni di agricoltura per le scuole rurali usando quello stile semplice e piano, che è singolar pregio di pochi scrittori. E ricordo la benevolenza con cui, già sofferente, volle portarsi nel 1899 all’inaugurazione del corso di conferenze magistrali, dette dal suo carissimo prof. Lanza, e l’affettuosa stima che lo legava a molti soci e condirettori, specialmente all’antico suo discepolo il prof. Turco. L’ultima lettera del gennaio 1901, al principiar del secolo, al presidente del Comizio, attesta l’inalterato animo suo verso la nostra istituzione, cui tanta parte di sé egli aveva dedicata.
La tempra di Felice Garelli fu una di quelle, per cui l’entusiasmo è vita, l’azione ristoro, il lavoro un bisogno. Chiuderò questo modestissimo, indegno cenno, che altri a nome del Comizio presto saprà e vorrà completare, con una riflessione, suggerita all’Italia Agricola, nella recensione del Buon Coltivatore: «l’idea del buono è grande, è rigeneratrice». Felice Garelli l’ebbe costantemente e la trasfuse nelle opere di tutta la sua vita. Possa sempre il Comizio Agrario inspirarvisi, e certamente noverà le vittorie, che per esso intravvedeva la grande anima del suo Presidente onorario. Riposi egli sicuro sotto le grandi ali del perdono di Dio, e ottenga e goda il premio, meritato dalle sue virtù».

Il Liceo di Mondovì volle ricordare Felice Garelli con un busto scolpito da Gioachino Sciolli e posto nel chiostro interno dell’Istituto scolastico. Il settimanale monregalese “La Gazzetta di Mondovì del 19-20 ottobre 1906 e la “Gazzetta di Mondovì del 22-23 ottobre 1906 ne davano ampia notizia sottolineando la riconoscenza di tutta la cittadina ad uno dei suoi più illustri rappresentanti.

                                                                                                                                     

Note
[1] Sulle prime fasi di vita del Comizio si veda Griseri G., Le origini del Comizio Agrario di Mondovì, in Comizio Agrario di Mondovì, Il Comizio Agrario di Mondovì. Opere e Uomini. Atti del Convegno di Studi per il 140° Anniversario della Fondazione. Mondovì 10 novembre 2007, Mondovì, 2007.
[2] Cfr. Comizio Agrario, Verbale dell’adunanza generale del 25 maggio per la inaugurazione del Comizio, in “Bollettino del Comizio Agrario del Circondario di Mondovì” (in seguito “Bollettino C.A.M.”.) n. 1 – luglio 1867.
[3] Cfr. Comizio Agrario, Verbale dell’Adunanza generale del 25 agosto 1867, in “Bollettino C.A.M.” n. 3 – settembre 1867.
[4] Per approfondire il ruolo di Felice Garelli a favore dell’istruzione rurale si veda Griseri G., Felice Garelli e l’istruzione agraria, in Comizio Agrario di Mondovì, Il Comizio Agrario di Mondovì. Opere e Uomini. Atti del Convegno di Studi per il 140° Anniversario della fondazione, Mondovì, 2007.
[5] Cfr. Garelli F., Prolusione al Corso d’Agricoltura aperto dal Comizio Agrario di Mondovì pei maestri del Circondario detta il 1° ottobre 1867, Torino, Tipografia G.B. Paravia e Comp., 1867, pp. 1-2.
[6] Ibid., pag. 14
[7] Cfr., Premio d’onore, in “Bollettino C.A.M.”n. 3 – settembre 1867.
[8] Cfr., Premi di incoraggiamento per la diffusione dell’istruzione agraria nel Circondario, in “Bollettino C.A.M.” n. 4 – ottobre 1867.
[9] Cfr. Garelli F., Relazione sulla scuola Magistrale rurale, in “Bollettino C.A.M.” n. 5 – novembre 1867.
[10] Cfr., Esami di concorso ai premi della Scuola Magistrale agraria, in “Bollettino C.A.M.” n. 4 – ottobre 1867.
[11] Cfr. Rapporto della Giunta esaminatrice, in “Bollettino C.A.M.” n. 5 – novembre 1867.
[12] Cfr., Scuola domenicale rurale al Merlo, in “Bollettino C.A.M.” n. 5 – novembre 1867. Il primo corso serale in realtà si ebbe nell’inverno 1866-67 a Bagnasco per opera del conte Guido Gaschi, Socio del Comizio di Mondovì.
[13] Cfr., Scuole popolari d’agricoltura, in “Bollettino C.A.M.”, n. 1 – gennaio 1868.
[14] Cfr. Garelli F., Il Buon Coltivatore, Tommaso Vaccarino editore, Torino, 1870, pag. 9.
[15] Cfr., Giudizio del Congresso Pedagogico di Napoli sul libro Il Buon Coltivatore, in “Bollettino C.A.M.” n. 9-10 – settembre-ottobre 1871.
[16] Lettera del Ministro d’Agricoltura… relativamente all’insegnamento dell’agricoltura nelle Scuole Elementari, in “Bollettino C.A.M.” n. 10-11 – ottobre-novembre 1874.
[17] Cfr. Lanza G. (a cura), Statistica del Regno d’Italia. Gli asili infantili nel 1869, Tipografia Tofani, Firenze, 1870, pag. 7.
[18] Cfr. R.P., Come sorgono gli asili rurali, in “Gazzetta di Mondovì” del 18 novembre 1882.
[19] Cfr., Asilo rurale per l’infanzia in Mondovì Merlo, in “Bollettino C.A.M.” n. 4 – ottobre 1867.
[20] Cfr., Difficoltà di istituire gli asili nei Comuni rurali, in “Bollettino dell’Associazione promotrice degli asili rurali per l’infanzia nel Circondario di Mondovì (in seguito Bollettino A.P.A.R.)” del 30 settembre 1883.
[21] Cfr., Asili rurali per l’infanzia, in “Gazzetta di Mondovì” del 16 novembre 1882.
[22] Cfr. Garelli F., Costituzione definitiva dell’Associazione. Processo verbale della prima adunanza generale degli azionisti, in “Bollettino A.P.A.R.” del 31 marzo 1883.
[23] Cfr., Associazione per gli asili infantili rurali. Prima lista di sottoscrittori, in “Gazzetta di Mondovì” del 10 marzo 1883.
[24] Cfr., Primo Congresso Nazionale degli asili infantili rurali, in “Bollettino A.P.A.R.” del 30 settembre 1883.
[25] Cfr. Processo verbale della seconda adunanza generale, in “Bollettino A.P.A.R.” del 31 dicembre 1883.
[26] Cfr. Provvedimenti per gli asili d’infanzia, in “Bollettino A.P.A.R.” del 31 marzo 1884; Garelli F., L’Associazione promotrice degli asili rurali per l’infanzia, Mondovì, 1892, pag. 27; Griseri G., Felice Garelli e l’istruzione agraria, in Comizio Agrario di Mondovì, Il Comizio Agrario di Mondovì. Opere e Uomini, Mondovì, 2007, pag. 76.
[27] Cfr., Un’udienza reale ai rappresentanti dell’Associazione, in “Bollettino A.P.A.R.” del 31 marzo 1884.
[28] Cfr., Pubblicazione della prima serie di doni, in “Bollettino A.P.A.R.” del 30 giugno 1884.
[29] Ferrante Aporti (San Martino dall’Argine 1791 – Torino 1858) fu un attivo costitutore di asili d’infanzia.
[30] Friedrich Wilhelm August Fröbel (Oberweissbach 1782 – Marienthal 1852), pedagogista tedesco, nacque in una famiglia di Pastori protestanti. Ideò il Giardini d’infanzia (kindergarten) nel 1840. Nel 1851 il governo prussiano fece chiudere tutti gli istituti e “giardini” creati dal Fröbel, poiché quest’ultimo venne accusato di essere ateo e socialista.
Fröbel continuò la sua opera in Austria dove morì però l’anno successivo.
[31] La lettera del Garelli è pubblicata integralmente in “Bollettino A.P.A.R.” del 31 dicembre 1883.
[32] Cfr., Le maestre delle scuole elementari e degli asili, in “Gazzetta di Mondovì” dell’8 settembre 1885.
[33] Cfr. Garelli F., L’Associazione promotrice degli asili rurali per l’infanzia, Mondovì, 1892, pag. 29.
[34] Cfr., Oh, i bimbi, in “Gazzetta di Mondovì” del 14 ottobre 1890.
[35] Cfr., Giardino d’infanzia presso la Scuola Normale, in “Gazzetta di Mondovì” del 4 novembre 1886; Inaugurazione del Giardino d’infanzia, in “Gazzetta di Mondovì” del 6 novembre 1886.
[36] Ci si riferisce al terremoto di una certa intensità avvenuto nelle prime ore del mattino del 23 febbraio 1887.
[37] Cfr., Giardino d’infanzia presso la Scuola Normale, in “Bollettino A.P.A.R.” del 31 marzo 1887.
[38] Cfr. Garelli F., L’Associazione promotrice degli asili rurali per l’infanzia, Mondovì, 1892, pag. 35.

 

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