Tarassaco
Nomenclatura binomiale: Taraxacum officinale
Famiglia: Asteraceae (ex Compositae)
Nome dialettale (Piemonte): “Lacianciun” – “Pissalèt” – “Virasul”
Il tarassaco è una pianta erbacea perenne alta tra i 10 e i 30 cm, particolarmente diffusa negli areali erbosi. Questa pianta possiede una radice a fittone che prosegue esternamente con una rosetta basale di foglie oblunghe e dentate, centralmente diparte il fusto cavo, lattiginoso e glabro che termina con un’infiorescenza giallodorata
detta capolino, questa formata da tante brattee gialle racchiude un ricettacolo da cui dipartono centinaia di veri fiorellini.
Dopo la fioritura, che avviene tra aprile e maggio, i fiorellini si trasformano in tanti piccoli acheni (frutti), che sostenuti da peli bianchi (dati dalla trasformazione del calice), volano grazie al vento permettendo la dispersione del seme (i peli bianchi formano il famoso “soffione”).
La pianta è tutta commestibile, tolto il cosiddetto “soffione”. In generale, il tarassaco contiene principi amari, in particolare lactucopicrina e tarassacina, sali di potassio, flavonoidi e, parlando della parte più utilizzata, cioè la radice, inulina (soprattutto in autunno, nella primavera c’è una prevalenza di fruttosio).
Questo pool di principi attivi rende la pianta un ottimo depurativo dell’organismo, sia a livello di diuresi, sia a livello epatico: flavonoidi e sali di potassio aiutano a drenare i liquidi trattenuti (da qui il nome volgare “piscialetto”), mentre i principi amari stimolano la produzione e il passaggio di bile per il fegato. Questo effetto è dato dalla pianta intera, ma la concentrazione maggiore di principi attivi si trova nella radice, difatti la si trova sia in taglio tisana che in tintura madre (estratto idroalcolico). Inoltre, in autunno, la radice del tarassaco si trasforma in ottimo regolatore intestinale: le molecole di fruttosio di cui è ricca in primavera si
agglomerano in catene di oligosaccaride, detto inulina, quest’ultima, essendo una fibra solubile, ha azione prebiotica equilibrando così la flora batterica intestinale.
Le foglie, anche se in minor quantità, possiedono comunque l’azione depurativa generale e, a differenza della radice che deve essere sbollentata per essere mangiata, possono essere consumate anche crude: ottime per insalate, frittate, pesto e ripieni di ravioli. I fiori sono anch’essi edibili, abbinabili alle foglie nelle varie
ricette, ma anche buonissimi per creare una marmellata che, a differenza delle foglie, risulta poi molto dolce. Le api sono molto ghiotte del polline di tarassaco, ma avendo una fioritura precoce rispetto a quella degli altri fiori, diventa difficile ottenere un miele mono-floreale, a meno che le api non abbiano svernato bene e siano subito forti e pronte a raccogliere il polline dei fiori appena sbocciati dal color giallo oro.
Il nome tarassaco deriverebbe dal greco taraké = scompiglio e akos = rimedio, esso sta dunque ad indicare una pianta in grado di riportare ordine nell’organismo in disordine, difatti stimola sia il “lavaggio” renale che quello epatico.
A cura di Milano Marzia (Erboristeria Monte Regale) per il Comizio Agrario di Mondovì.
No comments