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Emilio Bertone di Sambuy

Emilio Bertone di Sambuy

ATTILIO IANNIELLO

Ritratto di Emilio Bertone di Sambuy conservato nella sede del Comizio Agrario di Mondovì.

Il 15 novembre 1875, centoquaranta anni fa, veniva inaugurato in Piazza Maggiore a Mondovì il monumento al marchese Emilio Bertone di Sambuy (Inaugurazione-del-monumento-a-Emilio-Bertone-di-Sambuy). L’opera marmorea dello scultore Pietro Della Vedova era un omaggio della Città di Mondovì ad un uomo che aveva avuto il merito di iniziare la rigenerazione dell’agricoltura monregalese. Questa era avvenuta attraverso la costituzione del Comizio Agrario del Circondario di Mondovì.
Il 25 maggio 1867, infatti, nella sala del teatro Sociale di Mondovì Piazza, alla presenza del Sottoprefetto del Circondario, dei Delegati del Comizio e dei settantatré rappresentanti dei Comuni del Circondario, quarantun Soci davano vita al Comizio Agrario e designavano Presidente, all’unanimità, il marchese Emilio Bertone di Sambuy. La prima sede dell’Ente agrario venne messa a disposizione dal Comune di Mondovì nel Palazzo di Città in Piazza Maggiore e qui venne anche aperta la biblioteca agraria utilizzabile inizialmente per due pomeriggi la settimana.
Ma chi era Emilio Bertone di Sambuy?
Emilio nacque a Torino il 28 marzo 1800 in una famiglia di antico lignaggio chierese. Fu paggio del principe Borghese e venne mandato in una scuola militare a Parigi da dove tornava per ricoprire il ruolo, nel 1821, di capitano d’artiglieria nell’esercito subalpino.
Nel 1831 organizzava l’artiglieria a cavallo presso la Venaria Reale. Il suo stato di servizio militare lo metteva in mostra presso la corte tanto che il re Carlo Alberto lo invierà nel 1834 a Verona ad assistere alle manovre militari dell’esercito austriaco e nel giugno del 1838 a Londra per assistere all’incoronazione della regina Vittoria.
Promosso nel 1848 a Maggiore Generale d’artiglieria partecipò al fianco di Carlo Alberto alla I Guerra d’Indipendenza in qualità di suo aiutante di campo.
La sua fedeltà alla casata dei Savoia gli procurava diversi riconoscimenti infatti
«fu fregiato della medaglia commemorativa della guerra per l’Indipendenza d’Italia, decorato del gran cordone della Legion d’onore di Francia, di commendatore della Corona d’Italia». [1] In seguito all’abdicazione di Carlo Alberto, Emilio Bertone di Sambuy lasciava l’esercito per dedicarsi totalmente allo studio e messa in pratica delle discipline agrarie.
Si impegnava quindi alla direzione dell’Istituto Forestale Veterinario presso la Venaria Reale e alla presidenza dell’Accademia d’Agricoltura di Torino, collaborando inoltre con diverse pubblicazioni agrarie.
L’8 settembre 1866 presiedette la Commissione, voluta dal Ministro dell’Agricoltura Filippo Cordova, avente come compito di elaborare progetti di legge riguardanti istruzione agraria, credito agrario, rappresentanze agrarie e miglioramenti colturali.
Da questa Commissione scaturirono suggerimenti che portarono all’emanazione del Regio decreto del 23 dicembre 1866 concernente la ricostituzione dei Comizi Agrari.
Questi ultimi avevano come scopo:
«1. Consigliare al Governo quelle provvidenze generali o locali che si riputassero atte a migliorarne le condizioni; 2. Raccogliere e porgere al Governo ed alla deputazione della rispettiva provincia le notizie che fossero richieste nell’interesse dell’agricoltura; 3. Adoperarsi per far conoscere e adottare le migliori colture, le pratiche agrarie convenienti, i concimi vantaggiosi, gli strumenti rurali perfezionati, le industrie affini all’agricoltura che possono essere utilmente introdotte nel paese, come pure gli animali domestici la cui introduzione o propagazione potrebbe giovare all’agricoltura, e promuovere il migliore governo e miglioramento delle razze indigene; 4. Concorrere alla esecuzione di tutti i provvedimenti che fossero dati per incoraggiare e proteggere il progresso dell’agricoltura; 5. Promuovere e ordinare concorsi e esposizioni di prodotti agrari e di macchine e strumenti rurali…; 6. Promuovere le disposizioni necessarie perché vengano osservate le leggi e i regolamenti sulla polizia sanitaria degli animali domestici…»[2].
Decideva poi di ritirarsi definitivamente nel castello di Lesegno dove poteva dedicarsi a praticare le sue conoscenze in campo agrario.
«Emilio di Sambuy si avvide di due bisogni non abbastanza da tutti avvertiti, e non potuti così di leggieri soddisfare.
Il primo è che, per fare gustare meglio i precetti, egli è d’uopo, innanzi tutto, d’influire sull’ignoranza e le cieche abitudini con tutta la potenza dell’esempio.
Il secondo è, che invece di declamare contro i tempi e i Governi, egli torna assai più acconcio operare, lasciar dire, e non curarsi degli invidi e dei maligni.
Egli s’avvide che non è la terra che manchi agli uomini, ma bensì che gli uomini mancano alla coltivazione della terra. Ai piccoli proprietari difettano i capitali e l’istruzione, ai signori di vasti possedimenti che potrebbero avere istruzione e capitali, difetta la volontà. Agli uni ed agli altri il Sambuy pensò di provvedere, più che con le parole coi fatti».[3] In effetti il marchese Emilio si industriava, per esempio, a costruire un aratro modello che sperimentava nei suoi campi di Lesegno e presentava ufficialmente il 10 ottobre 1843 nel Regio Podere di Pollenzo.
Lo stesso Sambuy nella “Gazzetta dell’Associazione Agraria” del 3 maggio 1844 scrisse una “Istruzione sul modo di adoperare l’aratro Sambuy”, affinché molti agricoltori potessero avere una precisa nozione del funzionamento dell’attrezzo rurale.
Per molti anni l’aratro Sambuy godette di grande notorietà e prestigio, non solo in Piemonte e in Italia ma in tutta Europa tanto che all’Esposizione Universale di Parigi del 1867 fu premiato con una Medaglia d’argento [4].
Sambuy si interessò anche di bachicoltura. L’allevamento dei bachi da seta rappresentava per i piccoli coltivatori una risorsa preziosa al fine di incrementare il loro reddito derivante dai tradizionali lavori agricoli. Il Monregalese in quel periodo era particolarmente ricco di gelsi, tanto che, soprattutto in pianura, si potevano trovare anche una cinquantina di tali alberi per ettaro. Molte famiglie rurali quindi allestivano la loro “bigatteria” (da bigatto, baco da seta), a volte addirittura nella cucina (unico luogo riscaldato) o nelle camere da letto. Un problema ricorrente che poteva vanificare il beneficio dell’allevamento del filugello era la comparsa ed il diffondersi di malattie del baco, quali, a partire dagli anni Cinquanta dell’Ottocento, la pedrina ed il calcino, epidemie dovute spesso alla scarsa qualità del seme acquistato dai coltivatori.
Per venire incontro agli agricoltori e superare questi problemi Sambuy incoraggiava il Comizio Agrario da lui presieduto ad istituire corsi per migliorare e razionalizzare gli allevamenti dei filugelli, a pubblicare sul proprio “Bollettino” numerosi articoli di bachicoltura pratica ma, soprattutto promuoveva una “Società bacologica a Mutuo beneficio” nel maggio del 1868 che aveva come scopo quello di assicurare ai propri associati la massima qualità dei cartoni di seme bachi al miglior prezzo attraverso l’acquisto collettivo degli stessi effettuato da un mandatario inviato in Giappone [5], il quale era tenuto anche ad assicurare la merce contro i danni di eventuali incendi od altri incidenti ed avarie durante il tragitto in nave.
Nelle sue stalle di Lesegno inoltre sperimentava l’incidenza della qualità del foraggio e dell’alimentazione nella produzione del latte dei bovini. Di questa attività dava ragguagli precisi sul Bollettino del Comizio Agrario del Circondario di Mondovì a partire dal luglio 1870 fino al gennaio 1871.
Gli anni Settanta iniziavano per Emilio Bertone di Sambuy in modo drammatico; lui abituato a condividere con i suoi massari i lavori dei campi, venne colpito da paralisi e dopo diversi mesi di sofferenza morì in Lesegno il 10 agosto 1872.
Subito il Comizio Agrario monregalese e i semplici cittadini vollero onorare il primo presidente dell’Ente agrario con una raccolta di fondi che portò alla decisione di dedicargli una statua.
Questa, come abbiamo già scritto, venne eretta il 15 novembre 1875 nella Piazza Maggiore di Mondovì in modo che l’effigie del marchese fosse rivolta verso quel Palazzo di Città che ospitò il Comizio Agrario nei suoi primi anni di vita.
Ora la statua la si può ammirare nel giardino del Belvedere all’ombra della Torre Civica.

Statua in onore di Emilio Bertone di Sambuy

Note
[1] Vedi “Bollettino del Comizio Agrario del Circondario di Mondovì” n.11 – novembre 1875, pag. 182.
[2] Vittorio Emanuele II, Regio Decreto sulla Costituzione dei Comizi Agrari, in “Bollettino del Comizio Agrario del Circondario di Mondovì” n. 1 – luglio 1867.
[3] Vedi “Bollettino del Comizio Agrario del Circondario di Mondovì” n.11 – novembre 1875, pag. 179.
[4] «Annunziamo con viva soddisfazione che al benemerito Presidente del nostro Comizio, il marchese Di Sambuy, fu aggiudicato il premio di medaglia d’argento per l’aratro da esso presentato all’Esposizione universale di Parigi», Redazionale, Cronaca Agraria. L’aratro Sambuy all’Esposizione di Parigi, in “Bollettino del Comizio Agrario del circondario di Mondovì” n. 6, dicembre 1867.
[5] Nella prima riunione degli azionisti della società si individuò in Giovanni Bertone il mandatario

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