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Popolazioni di specie agricole e semi delle comunità

Massimo Angelini

Il Comizio Agrario ha organizzato un seminario dal titolo “Popolazioni di specie agricole e semi delle comunità” con la presenza di Massimo Angelini sabato 17 marzo 2018 alle ore 10 presso la propria sede in Piazza Ellero n. 45 a Mondovì, nell’ambito del progetto “CaDiBiA” (Casa diffusa della biodiversità agraria).

(da sinistra) Roberto Schellino, rappresentante dell’Associazione Rurale Italiana, il filosofo Massimo Angelini ed Attilio Ianniello, responsabile cultura del Comizio Agrario di Mondovì

Massimo Angelini

Massimo Angelini, filosofo e autore di numerosi saggi tra cui “Minima ruralia. Semi, agricoltura contadina, ritorno alla terra”, e “Participio futuro. Dalla terra alla bellezza per tornare al simbolo” ha dialogato con i presenti sul senso profondo delle parole che in qualche modo riguardano l’agricoltura, il rapporto con la terra terra, con le sementi e la biodiversità.

«Le varietà tradizionali sono un patrimonio delle comunità rurali formato nel tempo delle generazioni: in questo tempo lungo sono state selezionate, addomesticate, conservate, tramandate (per questo le diciamo “tradizionali”), e continuamente si sono adattate» scrive Massimo Angelini. «E adattandosi, poco o tanto, sono mutate senza interruzione: in armonia con i cambiamenti di terra e clima del luogo dove anno dopo anno sono state riprodotte e in armonia con le innovazioni introdotte dalle comunità locali con lentezza e nel solco della continuità.

L’accostamento delle parole, “tramandate” e “mutate”, ci ricorda che la tradizione e il mutamento stanno bene insieme: l’una senza l’altra non possono stare senza dare vita a eccessi e distorsioni. Il cambiamento che non conosce la continuità genera innovazioni senza radici, senza contesto, senza dare tempo alla comunità di accoglierle, di apprenderne il corretto uso e farne bene comune. Genera innovazioni isolate, e distanti come un’eresia dalla conoscenza acquisita e collettivamente condivisa nel tempo delle generazioni; senza rispetto per il senso della vita di innumerevoli persone che ci hanno preceduto e, insieme, ci hanno consegnato cosa, invece, così è negato. D’altra parte, la tradizione senza lento cambiamento, se non arriva a fissarsi in un canone confermato dal consenso comune e validato dal tempo, è solo ripetizione senza vitalità buona per i musei o per la nostalgia, è solo caricatura del passato e parodia della vita; senza rispetto per il senso della vita di innumerevoli persone che ci seguiranno e alle quali non resterebbe l’imitazione di un lascito sterile».

Interessante la disanima del rapporto tra gli umani e la terra. Quest’ultimo stretto rapporto è indicato dalla parola stessa Umano che deriva dal latino Homo che a sua volta deriva da Humus (terra viva, ricca di vita dentro). Questo nesso è sottolineato anche da uno dei testi fondanti la cultura occidentale, la Bibbia. Nel testo sacro si parla infatti della creazione dell’umanità chiamata Adam, tratta con un soffio vitale (in sanscrito Hum: notare l’assonanza con Humus) dall’Adamah (terra). Ne consegue la responsabilità dell’umanità (maschi e femmine) nel creare interventi “umani” nel vero senso della parola ossia portatori di ricchezza di vita in ogni campo dall’architettura alla tecnica, dall’arte all’agricoltura.

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